ROMA\ aise\ – Eliminare le criticità derivanti dal pagamento in euro degli stipendi del personale Mae assunto in loco: questo, in sintesi, quanto richiesto da Aldo Di Biagio, deputato Fli eletto in Europa, che ha presentato una interrogazione ai Ministri degli esteri e dell’economia, Terzi e Monti.
Nella premessa, Di Biagio ricorda che “l’articolo 157 del decreto legislativo n. 103 del 2000 recante “Disciplina del personale assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura all’estero, a norma dell’articolo 4 della legge 28 luglio 1999, n. 266”, sancisce che “la retribuzione (degli impiegati a legge locale) è di norma fissata e corrisposta in valuta locale, salva la possibilità di ricorrere ad altra valuta in presenza di particolari motivi”; l’articolo 1 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2002 prevede che dal 1° gennaio 2003 la retribuzione del personale di cui sopra, viene determinata e corrisposta in euro, ad avviso dell’interrogate in aperta violazione di quanto sancito dall’articolo n. 157 del decreto legislativo n. 103 del 2000″.
“Attualmente – rileva il deputato – molti impiegati, rientranti nella fattispecie di cui sopra, usufruiscono di una retribuzione in euro. Aspetto di particolare criticità per quanto riguarda i lavoratori impegnati ad esempio, in Svizzera, Brasile, Canada, Australia, Slovacchia; infatti, nella definizione delle retribuzioni, il Ministero degli affari esteri, in deroga alla legge, applica il cambio in euro invece che in valuta locale, comportando un non trascurabile svantaggio economico, oltre che serie difficoltà al personale dei Paesi sopra menzionati; sul versante degli impiegati a tempo determinato residenti, in particolare il personale docente, non rientrante della categoria dei cosiddetti impiegati a contratto, si aggiungono ulteriori criticità in merito alle definizione dei livelli di retribuzione”.
“Sulla base delle direttive degli uffici competenti del Ministero degli affari esteri, peraltro non confermate da apposito provvedimento, la retribuzione del personale docente a tempo determinato residente e operante all’estero dovrebbe essere definita con valuta in euro. Il controvalore in euro della valuta locale – secondo Di Biagio – dovrebbe essere calcolato sulla base del tasso di cambio stabilito semestralmente da un decreto interministeriale Ministero degli affari esteri-Ministero dell’economia e delle finanze e non sussiste – sulla base dei citati provvedimenti – alcun obbligo di inserimento nel contratto dell’importo in valuta locale; di contro, sarebbe auspicabile – ai fini della opportuna tutela di adeguati standard di vita degli impiegati -, che laddove gli stipendi locali risultino più alti di quelli italiani e laddove circoli una valuta diversa dall’euro definire la retribuzione con valuta locale, adeguandola opportunamente ai panieri di riferimento locali, e versandola eventualmente poi in euro; la conversione in euro di uno stipendio che nasce in valuta locale comporta inevitabilmente dei vizi di cambio, poiché spesso non vi è rispondenza tra il tasso di cambio applicato e quello realmente in vigore, con conseguenti difficoltà per gli impiegati che si ritrovano a percepire una retribuzione ben lontana dai valori di riferimento di uno stipendio locale”.
“Sotto il profilo contributivo del suindicato profilo lavorativo – prosegue il parlamentare – il regolamento (CE) n. 833/2004 prevede, all’articolo 16, che due o più Stati membri o gli organismi designati da tali autorità possano di comune accordo prevedere su richiesta degli interessati, il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali nel Paese di residenza, ma tale “ipotesi” normativamente sancita risulta essere ottemperata molto raramente; malgrado le sollecitazioni e le richieste di chiarimento nei confronti dell’amministrazione da parte dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali, non risulta ancora chiaro se i lavoratori suindicati possano o meno usufruire degli interventi di sostegno al reddito, di indennità di disoccupazione e di pensioni nel Paese di residenza, sussistendo l’ipotesi opzionale sancita dal citato articolo 16 del regolamento comunitario; l’amministrazione non ha fornito chiarimenti in merito al perché il calcolo dei contributi venga definito su uno stipendio convenzionale, mentre le aliquote Irpef vengono calcolate sull’importo dello stipendio lordo. Infatti, se si vuole far rientrare i docenti supplenti residenti all’estero come soggetti all’articolo 51, comma 8-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 17, si dovrebbe prevedere anche ai fini fiscali l’utilizzo di tali tabelle come stabilisce lo stesso articolo”.
“Sulla base dei dati in possesso dell’interrogante – si legge ancora nella premessa – non esistono tabelle convenzionali riferite alla fattispecie lavorativa dei docenti a contratto a tempo determinato, infatti il decreto nelle tabelle allegate non prevede questo profilo professionale; grave risulta il danno ai fini pensionistici per i connazionali che risiedono in Paesi in cui esiste un alto costo della vita considerando che i contributi – siano essi versati in Italia o nello stesso Paese di residenza – sono rapportati allo stipendio lordo non essendo quest’ultimo caratterizzato da un assegno di sede; gli impiegati a contratto del Ministero degli affari esteri, siano essi a tempo determinato o indeterminato, risultano essere i primi contribuenti dello Stato oltre confine, ma – stando ai dati a disposizione dell’interrogante – subiscono un onere fiscale particolarmente gravoso rispetto ai colleghi in Italia”.
Di Biagio chiede, quindi, di sapere “se si sia a conoscenza delle criticità di cui in premessa, in cui versa un’intera categoria di lavoratori impiegati dallo Stato italiano oltre confine; se si intenda valutare l’opportunità di rivedere i termini dell’articolo 1 del decreto ministeriale del 12 dicembre 2002, al fine di garantire la corretta applicazione di quanto previsto dal decreto legislativo n. 103, escludendo l’ipotesi di sussistenza di una normativa in chiaro contrasto; se si intenda applicare al personale docente con contratto a tempo determinato, i medesimi riconoscimenti di cui all’articolo 157 del decreto legislativo n. 103 del 2007, al fine di garantire lo stipendio effettivo in valuta locale evitando i vizi di cambio che stanno causando serie difficoltà economiche ai lavoratori” e, infine, “se si intenda chiarire il motivo per cui al personale docente con contratto a tempo determinato residente all’estero vengono versati contributi su stipendi definiti da tabelle convenzionali invece che sull’effettiva retribuzione ed il motivo – qualora i livelli contributivi fossero realmente soggetti ai parametri delle tabelle convenzionali – per cui non si applica l’articolo citato del testo unico delle imposte sui redditi”. (aise)