Pubblico impiego, «assedio» alla Consulta per sbloccare i contratti
La Federazione Confsal-Unsa, il sindacato autonomo maggiormente rappresentativo nel comparto ministeri, annuncia “l’assedio” della Corte Costituzionale per ottenere il rinnovo del contratto di lavoro, bloccato ormai da cinque anni.
In un comunicato stampa diffuso venerdì 27 febbraio scorso, infatti, il segretario Massimo Battaglia ha anticipato che il 23 giugno prossimo una delegazione del sindacato sarà alla Consulta per il dibattimento del ricorso di illegittimità costituzionale del blocco stipendiale e contrattuale in vigore dal 2010, e che un presidio di lavoratori stazionerà sotto la sede della Corte fino a quando la stessa non avrà emanato un “provvedimento analogo a quanto già determinato sul ricorso presentato dai magistrati sul blocco del loro stipendio, già dichiarato incostituzionale”. Chiaro il riferimento alla sentenza 310/2013, con cui la Consulta aveva confermato l’esclusione dei magistrati dal blocco.
L’intento del sindacato, insomma, sembra essere quello di fare pressing sui giudici costituzionali e di farlo con un certo anticipo. Del resto è ancora vivo il ricordo della sfavorevole decisione sulla ritenuta del 2,5% operata sulla retribuzione lorda dei dipendenti pubblici in regime di Tfr, prevista dall’articolo 6 dell’Accordo quadro nazionale del 29 luglio 1999, che se fosse stata dichiarata illegittima sarebbe costata alle casse dello Stato, secondo il sindacato, circa sei miliardi.
Il ricorso di legittimità
La vicenda attuale ha origine dal ricorso che i dipendenti degli uffici giudiziari di Ravenna, unitamente al sindacato, hanno proposto contro il ministero della Giustizia per ottenere l’adeguamento del proprio trattamento retributivo, fermo da oltre cinque anni, e per vedersi riconosciuto l’indennizzo per il danno subito dall’aumento dei carichi di lavoro derivanti dal blocco del turn over.
Ciò previo accertamento dell’illegittimità costituzionale delle norme “responsabili” e precisamente:
– Dell’articolo 9 del Dl 31 maggio 2010 n. 78 (decreto anti-crisi), che per il triennio 2011-2013 ha pietrificato le retribuzioni dei dipendenti delle Pa facenti parte dell’elenco Istat;
– Dell’articolo 16 del Dl 6 luglio 2011 n. 98 (Manovra economica bis), che ha consentito la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle disposizioni limitanti la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale Pa (proroga avvenuta di fatto con il Dpr 122/2013), e ha fissato le modalità di calcolo dell’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale 2015-2017.
Con l’ordinanza emessa il 28 febbraio 2014, la sezione Lavoro del Tribunale di Ravenna ha sospeso il giudizio e rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità delle norme “blocca-stipendi” per contrasto con gli articoli 2,3, 35, 36 e 39 della Carta.
Lo sciopero di dicembre
Va ricordato che la Confsal-Unsa non partecipò allo sciopero del pubblico impiego del dicembre scorso, sul quale c’era stata anche la spaccatura tra Cgil e Uil da una parte e Cisl dall’altra, indetto per diversi motivi tra i quali proprio il mancato rinnovo dei contratti, il blocco del turn over e la mancata stabilizzazione dei precari.
“La Confsal- Unsa – ha dichiarato ancora il segretario Battaglia nel comunicato di venerdì scorso – si dimostra ancora una volta il sindacato del fare e non della demagogia, del populismo e della lamentela fine a sé stessa”. Ma la strada per il riconoscimento di quanto richiesto, che passa ancora una volta dalla Corte Costituzionale, appare tutt’altro che terminata.
Di Seguito pubblichiamo parte della Rassegna stampa che riporta la notizia dell’Udienza della Confsal-UNSA alla Corte Costituzionale.
http://www.ilcittadino.it/Facet/ultimaOra/Uuid/f347b190-be74-11e4-990d-28061daa778f/