pamagazine.it: Statali, così l’inflazione annulla gli aumenti legati a rinnovi e taglio del cuneo

LARA NERI

9 Gennaio 20239 Gennaio 2023

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Oltre al danno, la beffa. Se da un lato i contratti dei dipendenti pubblici per il triennio 2022-2024 sono stati messi in stand-by dal governo per assenza di risorse, dall’altro l’inflazione ha già divorato gli aumenti legati ai precedenti rinnovi, quelli relativi al periodo 2019-2021. Non solo. Il rialzo monstre dei prezzi si mangia anche l’emolumento una tantum che il governo ha concesso quest’anno agli statali, oltre al taglio del cuneo fiscale del 3 e del 2 per cento. Risultato? Nonostante gli incrementi in busta paga, i dipendenti pubblici vedranno assottigliarsi nei prossimi mesi il loro potere di acquisto.

La beffa

Gli aumenti legati ai rinnovi dei contratti per il triennio 2019-2021 sono stati superiori al 4%. L’emolumento una tantum per i dipendenti pubblici nel 2023, per il quale il governo ha stanziato un miliardo di euro nella legge di Bilancio, corrisponde invece a un incremento dell’1,5%. Poi c’è il taglio del cuneo fiscale per i dipendenti pubblici e privati, che arriva al 3% per i lavoratori con redditi entro 25mila euro e scende al 2% per quelli con redditi tra 25mila e 35mila euro. Ma vediamo gli ultimi dati Istat sull’inflazione: nel mese di dicembre 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,3% su base mensile e dell’11,6% su base annua. In media, nel 2022 i prezzi al consumo registrano una crescita dell’8,1%. Al netto degli energetici e degli alimentari freschi, l’inflazione di fondo, i prezzi al consumo crescono del 3,8% e al netto dei soli energetici del 4,1%. Insomma, la galoppata dell’inflazione ha annullato di fatto gli incrementi in busta paga degli statali. 

I conti

Nel rapporto semestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti dell’Aran, che uscirà la settimana prossima, saranno esaminati tutti i dati relativi alla contrattazione. Nel 2022, a seguito dei contratti sottoscritti, sono stati pagati nel complesso 7,2 miliardi di euro circa, comprensivi degli arretrati, ai lavoratori del pubblico impiego. Il totale del personale interessato agli aumenti è pari a 2.431.222 unità. L’incremento percentuale a regime del triennio 2019-2021 è stato pari al 3,78%. Aggiungendo l’assorbimento dell’elemento perequativo si arriva al 4,38%. Per giungere al complesso della dinamica retributiva, agli incrementi riconosciuti a valere sulle risorse complessivamente previste nelle tre leggi di Bilancio 2019-2021 per tutti i rinnovi contrattuali, occorre aggiungere quanto previsto, con finalizzazioni specifiche, nella quarta legge di Bilancio 2022 e quanto stanziato in diversi provvedimenti normativi a beneficio di specifici gruppi professionali o settori dei vari comparti. Nella legge di Bilancio per il 2022 sono state stanziate ulteriori risorse per il rinnovo di tutti i Ccnl per un importo pari allo 0,77%, che portano l’incremento complessivo a circa il 5%. Così il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo: «Si è appena concluso un anno importante per la contrattazione del pubblico impiego, con la sottoscrizione di tutti i contratti relativi al personale non dirigente. Per le funzioni centrali, locali e la sanità i contratti sono completi sia per la parte economica che per quella normativa. Per il comparto istruzione e ricerca si sta chiudendo la parte normativa».

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