RETE DIPLOMATICO – CONSOLARE IN PRIMA LINEA PER ATTRARRE INVESTIMENTI STRANIERI…..e la si riduce
Gentile Ministro degli Esteri Emma Bonino, nonostante quello che si dirà in quest’articolo, forte rimane il rispetto che abbiamo per lei e per le sue grandi battaglie di una vita, unite anche a grandi successi, alcuni dei quali rimangono nella storia politica recente dell’Italia e nessuno di noi, sinceramente, mette in dubbio questo. Sulla questione della chiusura di sedi consolari crediamo, però, che sia completamente scivolata, forse non adeguatamente informata. Chi le scrive è parte piena di “quelle resistenze conosciute….da superare”, usando la sua espressione, contro le chiusure delle sedi consolari.
Dispiace molto sentire da lei, in conferenza stampa a margine del Consiglio dei Ministri n. 24 del 19 settembre, espressioni infelici contro coloro che si oppongono ai tagli di 13 diverse sedi consolari, al servizio di oltre 200mila italiani residenti all’estero. Forse l’opposizione a questo piano di tagli per lei sarà solo un dettaglio, fastidioso, da neutralizzare ma per noi che viviamo all’estero no di certo. Privare di servizi basilari 200mila italiani costituisce un danno al sistema Paese ed all’immagine positiva che si vuole dare. Nonchè si crea un freno psicologico verso gli investimenti che potrebbero provenire da un così vasto numero d’italiani e dal contesto, molto più ampio, in cui loro vivono ed operano.
Riduce, nella sua dichiarazione, ad inezia le richieste della comunità storica italiana di Spalato, stiamo parlando di un piccolo ufficio con spese irrisorie, molto utile anche alla marea di turisti italiani che si recano sulla costa dalmata ogni anno. Ma perchè allora non ha citato la sede di Mons in Belgio (30mila italiani), anche questa da chiudere, dove si rinnovano migliaia di passaporti l’anno, o quelle in Australia, America e cosi’ via?
Ci permetta ma lei fa un grave errore concettuale: mischia consolati con ambasciate. I consolati sono indirizzati prevalentemente per servire ed assistere gli italiani e naturalmente collocati dove la presenza italiana è più marcata, non ancora in Cina, quando sarà certamente si. Cosa diversa sono le ambasciate, dove siamo perfettamente d’accordo su di una loro presenza in nuove aree economicamente emergenti da subbito; però chiude solo consolati e non ambasciate.
Chiusure che, sommate alle molte già fatte ed alla carenza di personale, incidono rilevantemente sul funzionamento di tutte le altre strutture accoglienti. Immagini una piazza importante come Londra, dove e stata creata una super circoscrizione consolare con l’accorpamento irrazionale di Bedford, che sta creando grandi problemi a quella Comunità, e diverse decine di milioni di euro per una nuova sede, al momento per rinnovare un passaporto ci vogliono circa 4 mesi (come nel secondo dopoguerra). Che immagine si da dell’Italia ad un imprenditore di quell’area che vuole investire in Italia? Il primo biglietto da visita all’estero è proprio l’efficienza di questi servizi, cose apparentemente semplici ma importanti è da li che si parte, poi gli “show”. Altrimenti, con queste premesse, fidelizzare gli investimenti diviene molto più difficile, con feedback negativi appena si entra in relazione con la burocrazia italiana.
Mi delude molto, e spero che si corregga, nel non capire in qualità di Ministro degli Esteri come si rinnova un passaporto italiano all’estero (ed anche in Italia), lei afferma infatti che può essere tutto fatto per via telematica, sbagliato! Vede, dal 2010 è in vigore in Italia il passaporto biometrico, ce l’avrà anche lei, dove bisogna andare di persona per prendere le impronte digitali. La macchinetta per le impronte deve esser tenuta poi in cassaforte e utilizzata solo da un funzionario responsabile, per ovvie questioni di sicurezza non può essere data neanche ad un console onorario. Quindi abbi più considerazione per i cittadini italiani di Spalato, che dovranno farsi 400 km solo per rinnovare il passaporto, e le loro giuste istanze non le veda solo come delle lagne presto da elidere, cerchi di capire le difficoltà che si creano a quella comunità, come al resto dei 200mila italiani e a catena agli altri.
Infine, nella lista dei 13 consolati vi è incluso Newark, 20mila italiani, in New Jersey zona economicamente molto sviluppata e strategica, oberando di riflesso il gia’ difficile lavoro nel consolato di New York, sede accogliente. Ha anche affermato che chiusure come quella di Newark sono necessarie al fine di essere più aperti in zone dove ancora non siamo per promuovere meglio il sistema Paese, citando nuove aperture a Ho Chi Min e Ashgabat. Nella ricerca del “drammatico bisogno” di investimenti esteri per l’Italia dove ha cominciato i “road show”? A Ho Chi Min? A Ashgabat? No – a New York!
Luigi Reale
Comitato per i servizi consolari dell’ex circoscrizione di Bedford (GB)