Lettera aperta
Un’Italia più giusta
Cari Amici,
il titolo di questa lettera aperta a voi tutti racchiude anche uno stato d’animo che in questi ultimi mesi vede tutti noi lavoratori coinvolti in una crisi economica che sta indebolendo il nostro essere cittadini perché non più in grado di dare alle nostre famiglie e i nostri figli ciò di cui hanno bisogno e ciò che vorremmo.
I dati di questa mattina del Censis mettono a nudo il nostro paese: 4,3 milioni di disoccupati e 6 milioni di occupati che si trovano a fare i conti essi stessi con una precarietà economica che li porta vicino alla povertà.
In questo contesto di disagio, essere lavoratori dello Stato sembra oggi un reato penale, quando invece dovrebbe essere considerato un onore, poiché servire il proprio paese, dando servizi al cittadino, rappresenta un valore in generale, checché ne possano dire stampa e televisioni.
Questo però a molti governi che si sono succeduti negli ultimi anni sembra non interessare; anzi, se si occupano di lavoro pubblico lo fanno solo per tagliare la spesa e per aggredirlo con una guerra mediatica mirata ad indebolire una categoria di lavoratori capace per 50 anni di contribuire alla crescita italiana.
Anche in questo anno che sta finendo abbiamo lottato per difendere il salario, sia denunciando il mancato rinnovo del contratto nazionale ma anche, in molte amministrazioni centrali, facendo accordi in grado di far confluire in busta paga il salario accessorio; avremmo voluto ottenere di più, ma rimaniamo orgogliosi di aver ottenuto per i lavoratori risultati concreti che si traducono in denaro vero e di aver scelto un comportamento molto diverso da chi sa solo criticare e nulla ottenere.
Ma torno al mancato rinnovo del contratto, spina nel fianco che ci tortura da anni. Dopo aver presentato ricorsi in quasi tutta l’Italia per far sollevare la questione di incostituzionalità, dopo aver manifestato più e più volte in piazza, dopo aver fatto decine di comunicati stampa, dopo aver denunciato il trattamento riservato ai lavoratori pubblici nelle trasmissioni televisive e radiofoniche, dobbiamo constatare –amaramente- che il governo sembra voler tirare dritto contro tutti e tutto e questo non e’ giusto.
Ritengo che in un Paese giusto, il governo debba operare in maniera opposta.
Ormai la gente è stanca, è fiaccata, e non so quanto ancora sia disposta ad aspettare risposte da questa politica cieca e sorda. Noi, sindacato di lavoratori, abbiamo il dovere politico di lottare e di non arrenderci a questo stato di fatto. Dobbiamo trovare in noi le risorse, le capacità, la forza e tirar fuori da ognuno di noi l’orgoglio e il coraggio che sempre abbiamo avuto e che nessuno ci può togliere. Torniamo a riprenderci l’orgoglio di essere lavoratori pubblici.
La Federazione Confsal-Unsa credo abbia fatto e stia facendo tutto quello che democraticamente si può fare per difendere il lavoro e i lavoratori pubblici.
Noi non ci fermeremo. Anzi, mi auguro che a breve qualche tribunale ci dia ragione per quanto riguarda l’incostituzionalità del contratto e Vi annuncio che molto presto presenterò un nuovo ricorso al Giudice di Roma per il comportamento antisindacale di Alte Istituzioni coinvolte nei mancati rinnovi contrattuali.
L’Italia che vorrei, e credo che vorremmo tutti noi, e’ un paese dove il lavoro, in particolare per i giovani, non sia un miraggio o una fonte di affanno, ma al contrario sia una certezza e una fonte di gratificazione, dato che questa è una Repubblica fondata proprio sul lavoro.
L’Italia che ho davanti invece mi dice che ormai sono pochi i lavoratori che hanno una certezza di potersi prendere cura con dignità delle proprie famiglie e dei propri figli; ma ancor di più mi dice che abbiamo un disperato bisogno di una politica con la “p” maiuscola, che torni a fare coraggiosamente il suo dovere, che è quello di dare a questo Paese, ai suoi cittadini e ai suoi lavoratori, la dignità, l’orgoglio, le certezze, e capace di far ripartire tutta la comunità cosi ha come fatto dopo l’ultima guerra mondiale, con slancio, con passione e con la voglia di fare.
Noi come lavoratori e cittadini, stretti insieme in un sindacato, non ci tiriamo indietro e ci assumiamo la responsabilità di esigere con insistenza che la “politica” torni a fare “La Politica”, capace di ascoltare e rispondere alle necessità vive della gente.
Grazie, cari Amici, a tutti coloro che hanno voluto leggere fino in fondo questa lettera e che l’hanno condivisa a loro volta con i propri Amici e Colleghi.
Roma, 06/12/13
IL SEGRETARIO GENERALE DELLA FEDERAZIONE CONFSAL UNSA
Massimo Battaglia