LA CULTURA ITALIANA SI CHIUDE ANCHE ALL’ESTERO di Stefano Benni

LA CULTURA ITALIANA SI CHIUDE ANCHE ALL'ESTERO
di Stefano Benni

Per tanti anni sono stato invitato ( in qualche caso accuratamente evitato) da molti Istituti Italiani di Cultura all’estero. Non ho mai avuto l’impressione che farli funzionare decorosamente fosse uno spreco.

Posso ricordarne alcuni mal diretti, con direttori scelti per motivi politici e non per competenza. Altri gestiti in modo mondano e clientelare per pubblicizzare e far lavorare mogli e mariti e parenti. Ma nella maggior parte dei casi ho incontrato persone appassionate, che con pochi soldi cercano di raccontare la cultura italiana al mondo, combattendo i luoghi comuni che solo in parte meritiamo. Istituti che invitano musicisti, attori, scrittori, filosofi, organizzano mostre d’arte e corsi di lingua, mantengono biblioteche di libri e film italiani che è difficile trovare sul posto, contribuiscono a far conoscere e tradurre autori, e sono spesso più preziosi dei grandi festival cine-mondani, delle kermesse librarie, o di quelle spedizioni di “rappresentanza “ della cultura italiana che si spiaggiano su un buffet.

Quando Prodi, secoli fa, mi convocò e mi chiese “come aiutare la cultura”, pur non essendo un esperto, espressi alcuni desideri e ne ricordo uno: dia un po’ più di soldi agli istituti esteri, fanno un lavoro che nessun altro fa. Prodi fu uno dei primi a tagliare i fondi. E tutto è andato avanti così, fino all’ultima decisione di eliminare undici istituti in un colpo solo. Certo, è tempo di crisi. Ma tutti insieme costano molto meno di qualsiasi ente lirico o teatrone superprotetto e delle misteriose “gite culturali” di parlamentari spendaccioni.

Altri sono gli sprechi, e prendersela con la cultura è da anni un comodo esercizio dei governi di destra e sinistra. Chiudeteli pure e licenziate, ma chiedetevi perché all’estero si fa così fatica a far conoscere in modo preciso, e non folcloristico, i libri italiani , il teatro,il cinema, la pittura. Tutta la bellezza che non è solo esca per turisti, ma una delle nostre poche ricchezze. É un miracolo che ci siano ancora artisti vecchi e nuovi apprezzati all’estero, al di fuori delle retoriche di spaghetti, mafie e di un passaggio di dodici secondi davanti alla Gioconda.

Gli Istituti di Cultura forse non sono tutti seri ed efficienti in modo uguale ma è compito di un governo analizzare i loro difetti . Tra quelli eliminati ce ne sono almeno tre o quattro di cui garantisco personalmente la serietà. Dubito che siano stati eliminati con criteri ponderati, semplicemente si è sparato nel mucchio. Tagliate pure, date i soldi ai divi americani dei festival, a qualche pomposa celebrazione e a qualche super-tenore da asporto. Ma la cultura italiana non è solo questo. È un patrimonio ricchissimo, esibito e chiacchierato, più che tutelato e difeso. Ed è anche il lavoro poco conosciuto di qualcuno che, in un paese lontano, si batte per far conoscere le nostre cose migliori.

Forse perché i politici conoscono la bruttezza della nostra politica, amano la mediocrità che “garantisce consenso” e hanno paura della bellezza. Ogni giorno qualche opportunista si dà da fare per rafforzare i nostri stereotipi più vendibili. Sappiamo bene qual è il peggio dell’Italia. Ma siamo ancora capaci di stupire con le ultime briciole di genio. Siamo un paese che si imbarazza di avere una grande storia culturale, e di ospitare e produrre ancora il sapere e il sentire . Allora, aboliamo anche la scuola, forse sono soldi sprecati.

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