Federazione Confsal-UNSA: Lettera aperta a Matteo Renzi

Gentile Presidente del Consiglio,

In questi primi mesi del Suo governo, ho percepito una grande fiducia nella Sua persona ed in quello che Lei giornalmente diceva.

Ma, a chi come me è un innamorato delle parole, ve n’è stata una da Lei usata che ha fatto particolarmente breccia. Mi riferisco alla parola “orgoglio”, orgoglio di essere italiano, orgoglio di essere un lavoratore pubblico, orgoglio di essere parte di un progetto di un’Italia diversa, di un’Italia migliore.

L’Italia che ricordo è quella in cui un qualsiasi lavoratore pubblico – professore, medico, poliziotto, lavoratore di un tribunale, di una prefettura, di un carcere o di qualsiasi posto pubblico – sentiva di essere importante, sentiva di essere parte di un Paese che lo riconosceva, in cui la gente lo rispettava.

Ma debbo dirGlielo con grande franchezza, oggi il solo ricordare lo status di rispetto sociale di cui godevano i dipendenti pubblici è diventato addirittura fuori luogo, perché la campagna mediatica orchestrata da anni su input della classe politica sembra aver trasformato il dipendente pubblico in un mostro sbattuto sulla prima pagina del giornale della mattina.

Mi permetto Sig. Presidente di scriverLe queste cose per un profondo ed evidente sconforto provato dai lavoratori pubblici riguardo le novità relative alla Riforma della pubblica amministrazione, che ad oggi, dopo quasi 15 giorni, non risulta ancora firmata dal Capo dello Stato.

Credevo che, come Lei Sig. Presidente ha avuto modo di dire chiaramente, questa riforma sarebbe partita dal lavoratore. Da quel che si legge, invece, il lavoratore è stato completamente dimenticato.

La Riforma in tal modo, di fatto, si è sostanziata solo in un diretto attacco al sindacato, oltretutto inaspettato per i modi e per l’ampiezza, e ciò rappresenta anche un ulteriore e indiretto attacco ai lavoratori stessi.

Il sindacato, che fino ad oggi è stato un baluardo costituzionalmente riconosciuto e rispettato nel suo ruolo di associazione di lavoratori, è stato messo alla berlina dal Suo governo. E questo, oltre a non essere giusto, mi meraviglia non poco.

Ammetto di non comprendere fino in fondo la motivazione di questo atteggiamento messo in atto proprio da chi dovrebbe rappresentare un altro modo di fare politica. E mi riferisco, a scanso di equivoci, al modo in cui è stata portata avanti questa ipotesi di Riforma, senza il coinvolgimento dei lavoratori e solo con riunioni informative e sbrigative, e mi riferisco anche alla questione del dimezzamento dei permessi e dei distacchi sindacali.

Mi creda Sig. Presidente, questa posizione critica non nasce in alcun modo dalla volontà di difendere l’esistente, ma vuole essere una segnalazione che esistono tanti Sindacati, e alcuni come il nostro che hanno una storia di 60 anni alle spalle, che lavorano in maniera seria al servizio dei lavoratori, quali controparte di un potere datoriale che altrimenti sarebbe senza contrappesi.

Ridurre del 50% le agibilità sindacali, dopo aver realizzato nel 2009 un taglio del 15%, significa fare del panorama sindacale un oligopolio in mano a poche sigle, di quelle capaci di pagarsi le aspettative sindacali e le attività connesse. Questo dimezzamento creerebbe un “sindacato solo per pochi” e forse “solo per ricchi”, così come la stessa politica sta diventando solo per ricchi e raccomandati.

Io sono per il vero pluralismo sindacale, poiché credo nella vera democrazia che si sostanzia nella libertà lasciata ai lavoratori di riconoscersi in un progetto preciso di azione sindacale, fosse anch’esso autonomo, come il nostro, capace di essere da sempre equidistante da ogni partito e da ogni ideologia senza essere mai portavoce o portabandiera di nessuno.

Credo che Lei non troverà il tempo per leggere questa mia nota, ma sono da sempre una persona che non lascia nulla di intentato e penso che l’unica parola che non ha effetto è certamente la parola non detta. Voglio credere, e ci spero, che Lei Sig. Presidente possa trovare 5 minuti per leggere e per rispondere.

Con il rispetto dovuto, Le porgo cordiali saluti.

IL SEGRETARIO GENERALE

Massimo Battaglia

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