ATTO CAMERA ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/02500-AR/350

ATTO CAMERA

ODG IN ASSEMBLEA SU P.D.L. 9/02500-AR/350

Dati di presentazione dell’atto
Legislatura: 18
Seduta di annuncio: 368 del 08/07/2020
Firmatari
Primo firmatario: FITZGERALD NISSOLI FUCSIA
Gruppo: FORZA ITALIA – BERLUSCONI PRESIDENTE
Data firma: 08/07/2020
Stato iter: 

09/07/2020

Partecipanti allo svolgimento/discussione
PARERE GOVERNO08/07/2020
ResocontoMISIANI ANTONIOSOTTOSEGRETARIO DI STATO – (ECONOMIA E FINANZE)
 
PARERE GOVERNO09/07/2020
 MISIANI ANTONIOSOTTOSEGRETARIO DI STATO – (ECONOMIA E FINANZE)
Fasi iter:

IN PARTE ACCOLTO E IN PARTE NON ACCOLTO IL 08/07/2020

PARERE GOVERNO IL 08/07/2020

PROPOSTA RIFORMULAZIONE IL 08/07/2020

RINVIO AD ALTRA SEDUTA IL 08/07/2020

ATTO MODIFICATO IN CORSO DI SEDUTA IL 09/07/2020

ACCOLTO IL 09/07/2020

PARERE GOVERNO IL 09/07/2020

RINUNCIA ALLA VOTAZIONE IL 09/07/2020

CONCLUSO IL 09/07/2020

Atto Camera

Ordine del Giorno 9/02500-AR/350

presentato da

FITZGERALD NISSOLI Fucsia

testo presentato

Mercoledì 8 luglio 2020

modificato

Giovedì 9 luglio 2020, seduta n. 369

  La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19;
all’articolo 48, comma 1, è disposto il rifinanziamento di 250 milioni di euro per l’anno 2020 del Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, istituito presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dall’articolo 72 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto «Cura Italia»), convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;
l’articolo 48, comma 4, autorizza l’ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane ad assumere, nei limiti della dotazione organica, un contingente massimo di 50 unità di personale non dirigenziale con contratti di lavoro a tempo determinato della durata massima di 12 mesi;
come evidenziato, l’articolo 72 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (cosiddetto «Cura Italia»), convertito dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 ha disposto specifiche misure per il Sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e consorzi per l’internazionalizzazione, su cui il provvedimento in esame è ulteriormente intervenuto;
le disposizioni evidenziate confermano con forza quanto il versante dell’internazionalizzazione delle imprese italiane ed il sostegno al made in Italy siano da intendersi come componente imprescindibile del sistema Paese su cui attuare politiche di promozione e valorizzazione, segnatamente in una fase complessa come quella attuale, ed in riferimento alle quali appare inderogabile procedere con un’implementazione delle risorse umane, nell’ambito degli uffici della rete diplomatico-consolare oltre confine in ragione del ruolo determinante da queste svolto nella strategia di rilancio, di promozione e di valorizzazione economico-produttiva del Paese;
appare evidente che uno degli elementi di maggiore attenzione del sistema operativo delle nostre rappresentanze oltre confine si colloca nella prospettiva di sanare la penuria di profili operativi presso le nostre sedi in un momento in cui le dinamiche di internazionalizzazione e di valorizzazione del made in Italy meritano di essere particolarmente massimizzate, elemento che non può risolversi esclusivamente con un incremento temporaneo di profili dell’ICE di cui all’articolo 48 comma 4 del provvedimento in titolo;
in questa prospettiva si colloca quanto espresso dalla Commissione III della Camera dei Deputati, che esaminato il provvedimento per le parti di competenza, ha espresso il parere favorevole al provvedimento medesimo esprimendo come osservazioni «l’opportunità di integrare l’articolato del provvedimento in titolo con disposizioni di sostegno, anche attraverso un incremento delle risorse umane, alla funzionalità degli uffici all’estero della rete diplomatico-consolare in considerazione del ruolo cruciale che essi svolgono nella strategia di rilancio economico del Paese, fondata sul rafforzamento delle leve dell’internazionalizzazione del nostro sistema produttivo basato sulle PMI, tra cui rientrano anche eventi internazionali di tipo fieristico in Italia e all’estero» e «l’opportunità di disporre un adeguato potenziamento della dotazione di risorse, anche finanziarie, a sostegno della rete diplomatico-consolare alla luce della accresciuta richiesta di servizi consolari in supporto dei connazionali e delle nostre imprese all’estero, anche in vista delle prossime scadenze elettorali.»;
in questo scenario si evidenzia che la categoria degli impiegati a contratto della rete estera del MAECI, di cui all’articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica 18 del 1967 e che detiene una configurazione normativa e contrattuale sui generis, rappresenta il dorso funzionale nell’Amministrazione all’estero, l’interlocutore operativo e privilegiato delle nostre rappresentanze in loco, ma che è stato destinatario negli anni di una contrazione della dignità, di quella salvaguardia della personalità fisica e morale del dipendente, intesa come sommo dovere del datore di lavoro ai sensi del statuto dei lavoratori. Una dignità compromessa sotto il profilo contrattuale, economico, sindacale e legislativo, sempre posta a latere della disciplina ordinaria e sempre distante dalle garanzie e dai diritti in essa sanciti per le altre categorie di lavoratori;
si evidenzia a riguardo che sebbene, ai sensi dell’articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 18 del 1967 vengano considerati parte integrante del personale dell’Amministrazione degli affari esteri, nei fatti risultano una fattispecie sui generis contraddistinta da una disciplina priva di organicità, non capace di adeguarsi alle variabili che contraddistinguono la categoria ed il mercato locale e priva di certezze applicative che attuano un palese nocumento ai lavoratori: infatti la frammentazione, ed i dubbi interpretativi hanno alimentato una vacatio legis entro la quale si inserisce anche una discrezionalità operativa da parte dei Capi Missione che in taluni casi è sfociata in atti unilaterali, che potrebbero recare non poche criticità anche sul fronte delle relazioni bilaterali con i Paesi ospitanti;
l’urgenza di procedere verso un potenziamento della presenza italiana all’estero, valorizzando le nostre sedi ed incrementando il contingente ivi operativo rappresenta un trend che può essere premessa per una stagione nuova non solo in una fase emergenziale da Covid-19 come quella in atto ma anche dopo l’impasse amministrativo-assunzionale che ha condizionato l’amministrazione nell’ultimo decennio: al fine di sottolineare lo stato di emergenza che la nostra rete sta vivendo basti evidenziare che le liste di trasferimento ordinarie messe a bando per gli anni 2017 e 2018, in totale hanno messo in pubblicità ben 1341 posti, di cui sono stati assegnati soltanto 647 pari al 48 per cento del totale del fabbisogno della nostra rete. Dalle sedi estere i malumori si moltiplicano, ed il ritardo che l’Amministrazione sta maturando, non fa che amplificare le criticità del sistema operativo delle nostre sedi estere, gettando le basi per quella che potrebbe essere a breve una mobilitazione generale;
in questo scenario l’ipotesi dell’incremento del personale MAECI nelle sedi estere attraverso il coinvolgimento, con percorsi concorsuali ad hoc che ricalchino la ratio della legge 442 del 2001, del personale a contratto già operante nelle nostre strutture oltre confine, potrebbe garantire una professionalità già formata e competente sul territorio di rappresentanza, senza ulteriori oneri di formazione linguistica e professionale, andando a colmare la conclamata vacanza di organico delle AAFF del MAECI, garantendo contestualmente la tutela dei diritti contrattuali degli stessi lavoratori a contratto altrimenti vincolati a rigidità normative e contrattuali che ne continuano a svilire professionalità ed operatività;
non si può trascurare come contribuiscano a criticizzare lo scenario entro cui si collocano gli impiegati di cui in premessa, anche gli effetti dell’entrata in vigore dal 1 maggio 2020 del Regolamento (CE) n. 883 del 2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, in ragione della mancanza di una univoca interpretazione dello status degli impiegati medesimi alla luce delle disposizioni previste dallo stesso Regolamento;
infatti si evidenzia come l’entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 883 del 2004 si sta configurando come una reformatio in pejus per la categoria degli impiegati a contratto della rete estera del MAECI di cui all’articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, in ragione del coatto passaggio dal sistema previdenziale retributivo italiano, per il quale gli impiegati a contratto avevano optato, a quello del Paese di residenza: sotto il profilo della rimodulazione della spettanza pensionistica questa è decurtata in media di 700 euro mensili e sotto il profilo dell’ammontare retributivo in ragione dell’onere dei contributi previdenziali locali maggiori rispetto a quelli versati all’INPS che comportano una contrazione dello stipendio mensile tra i 380 e i 580 euro;
l’articolo 16 del regolamento citato, ha previsto la possibilità in capo a due o più Stati membri, di prevedere di comune accordo, nell’interesse di una categoria, delle specifiche deroghe, che al momento sono state raggiunte per buona parte dei Paesi rientranti negli ambiti applicativi del regolamento medesimo: soltanto in Belgio, Olanda e Danimarca non si è giunti ad un accordo tanto da legittimare la sussistenza di un paradosso in capo a circa 30 impiegati a contratto di nazionalità italiana, operanti nei citati Paesi, che sebbene si ritrovino a pochi anni dall’acquisizione dei requisiti per accedere alla pensione, sono collocati in una sorta di «limbo previdenziale» in ragione del coatto transito al sistema locale, che ne stravolge irrimediabilmente i diritti acquisiti legittimando l’emergere di una nuova categoria di «esodati» della pubblica amministrazione, nel silenzio e nell’inerzia di quest’ultima. L’assenza di deroghe per 30 impiegati legittima una sperequazione di trattamento che viola il principio di parità di condizioni in termini assicurativi-contributivi a tutti i dipendenti: siffatto scenario potrebbe essere oggetto di ricorso in sede amministrativa esponendo l’amministrazione ad oneri significativi sul medio periodo;
pertanto in un momento tanto complesso per l’Italia, nel quale la priorità è individuare gli strumenti, finanziari e di risorse umane, che meglio sappiano ottimizzare le potenzialità e superare le criticità finora preminenti, appare inderogabile un perfezionamento degli strumenti normativi ed amministrativi a sostegno della categoria degli impiegati in premessa da parte del MAECI,

impegna il Governo:

a valutare l’opportunità di prevedere un incremento del personale di cui all’articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 al fine di garantire il sostegno all’esportazione e all’internazionalizzazione delle imprese nonché il rilancio dell’economia;
a valutare l’opportunità di prevedere, con percorsi concorsuali ad hoc che ricalchino la ratio della legge 442 del 2001, l’immissione nei ruoli, in aggiunta a quanto già previsto dal piano assunzionale del MAECI e con conseguente aumento della relativa pianta organica del personale a contratto già operante nelle nostre strutture oltre confine al fine di consentirne l’inserimento nelle rappresentanze oltre confine dove attualmente si registrano vacanze di organico in ragione delle mancate richieste di trasferimento nella prospettiva di ottimizzare le competenze delle risorse esistenti e di valorizzarne il ruolo determinante nella strategia di sostegno economico del Paese.
9/2500-AR/350. (Testo modificato nel corso della seduta) .

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