In troppi casi incredulita‘ ed irritazione caratterizzano le reazioni del personale del Ministero degli Affari Esteri quando – a sorpresa – si vede confrontato con le schede di valutazione della performance predisposte dal proprio capo ufficio.
Molti dipendenti si rivolgono alla nostra Organizzazione sindacale per sapere come comportarsi, quali passi intraprendere, affinche’ le valutazioni espresse sulla loro performance individuale possano subire modifiche atte a recepire l’effettivo apporto prestato dal lavoratore al buon funzionamento dell’ufficio stesso.
A prescindere o meno dalla liceità di valutare all’estero – tematica sulla quale il nostro Sindacato si e’ impegnato a condurre le necessarie verifiche – quando si riscontrano questi casi, consigliamo i colleghi di richiedere comunque la valutazione di seconda istanza, che, in caso di servizio prestato all’estero, e’ da individuarsi presso l’ Ambasciata.
Il contatto tra valutato e valutatore di seconda istanza verrà instaurato telefonicamente e, allo stesso modo, avranno luogo le formalità ad essa connesse ( dalla Segreteria Generale abbiamo appreso che non e’ assolutamente prevista – come erroneamente asserito presso talune sedi – la presenza fisica dei “ricorrenti” presso la località di esecuzione della valutazione di seconda istanza. Ricordiamo inoltre che i termini di richiesta della stessa sono il 28 febbraio e, per il completamento del giudizio da parte del valutatore, il 30 di marzo).
Molti colleghi ci chiedono inoltre come rappresentare, in caso di non accettazione del giudizio espresso in prima istanza, le proprie ragioni.
In considerazione del fatto che la normativa di riferimento, introdotta per migliorare l’organizzazione della PA nel rapporto con l’utenza, si pone come scopi primari:
- l’informazione e la guida ai processi decisionali,
- l’instaurazione di un sistema incentivante per premiare il merito, l’impegno e la produttività di ciascun dipendente,
- la condivisione degli obiettivi dell’amministrazione col personale,
- la promozione di strumenti d’ interazione e di dialogo tra dipendenti e dirigenza
ed i principi della normativa stessa si ispirano a:
- trasparenza e pubblicità dei criteri da adottare per la valutazione,
- partecipazione al procedimento della persona sottoposta a valutazione,
- diffusione della cultura della partecipazione quale presupposto all’orientamento del risultato, al posto della cultura dell’adempimento, per accrescere il senso di responsabilità dei lavoratori,
il ricorrente dovrà, nelle proprie motivazioni, fare riferimento innanzitutto alla mancanza di uno o piu’ di questi presupposti. Infatti, nonostante le istruzioni fornite dal MAE, in molti, troppi casi non ha avuto luogo alcun colloquio fra valutatore e valutato. Questo passaggio avrebbe agevolato il confronto sereno con ciascuno dei collaboratori ed offerto maggiori elementi per predisporre un giudizio più obiettivo e scevro da possibili incomprensioni.
Inoltre molti denunciano il fatto che il valutatore non ha debitamente considerato le mansioni qualificate svolte realmente dai lavoratori presso gli uffici/le sedi, a differenza di quanto previsto dai loro profili di appartenenza. Quest’anomalia e’ particolarmente diffusa presso i nostri uffici, ancor più se dislocati all’estero. I capi missione affidano al personale compiti che vanno ben oltre le mansioni contrattuali, ma sono notoriamente restii nel sottoscrivere deleghe alle mansioni stesse e ad affidare compiti per iscritto. Ne derivano situazioni singolari, nelle quali i dipendenti che , per il buon funzionamento dell’ufficio, hanno accettato di svolgere compiti qualificati, oltre a non ottenere un riconoscimento degli stessi, vengono, di contro, valutati sulla base di mansioni puramente teoriche, con effetti negativi rispetto alla valutazione del loro operato. Secondo noi, anche questo aspetto dovra’ costituire motivo di ricorso.
Infine, apprendiamo che dal MAE sarebbe giunta l’indicazione alle sedi di non superare mai nelle valutazioni la soglia dei 90/100, peraltro anche nei casi di acclarate ottime prestazioni lavorative. Il mantenimento di un livello comunque inferiore alla percentuale massima dovrebbe infatti fungere – a parere del Mae – da “stimolo” sui lavoratori, per raggiungere in futuro più ragguardevoli prestazioni lavorative ( il tutto, ovviamente, in assenza di formazione, di mezzi informatici, di strumenti di lavoro vitali, ecc. ) . Anche questi elementi andranno considerati nel testo del ricorso.
Il nostro Sindacato sarà, comunque, a disposizione di quanti necessiteranno di aiuto ed assistenza nella redazione di tali documenti.
Roma, 6 febbraio 2012
CONFSAL UNSA COORDINAMENTO ESTERI